Tradizioni agricole: Il farro di Abbateggio
Coltivatori di tradizioni
Ancora una volta Coltivatori di Emozioni scende in campo per la salvaguardia delle varie tradizioni agricole.
Sostenere gli agricoltori delle piccole realtà, che continuano a mantenere in vita aree rurali grazie alla forza e alla passione che mettono ogni giorno nel loro lavoro, significa sostenere ogni loro peculiare tradizione agricola.
Scopriamo allora il farro e la sua lunghissima storia che sta tornando in auge.
Un alimento che ha investito generazioni di popoli
Il farro rappresenta il più antico tipo di frumento coltivato, utilizzato come nutrimento umano fin dal neolitico.
La sua coltivazione era e propria risale però alle epoche più antiche degli Egiziani e delle stirpi del Mediterraneo.
L’antica letteratura orientale, greca, biblica e romana, parla frequentemente di farro come un nutrimento abituale e come materia di offerta preziosa da presentare alle divinità.
Il farro è famoso per essere stato la base dell’alimentazione delle legioni romane che partirono alla conquista di quello che sarebbe divenuto l’impero.
Veniva usato soprattutto per preparare pane, focacce e polente infatti la stessa parola “farina” deriva da “farro”.
L’importanza del farro è testimoniata anche dal fatto che un’antica forma di matrimonio tra le popolazioni romano latine era detta confarreatio, perché gli sposi mangiavano una focaccina di farro.
Il matrimonio confarreato era il solo riconosciuto per certi effetti religiosi: ad esempio i sacerdoti dovevano avere i genitori che avessero contratto questo tipo di matrimonio.
Tuttavia la sua coltivazione è andata via via riducendosi nel corso dei secoli con la comparsa nell’area del Mediterraneo del grano tenero, discendente dal farro grande, e duro, discendente dal farro medio, con resa maggiore e minori costi di lavorazione.
Questo ne ha progressivamente diminuito l’uso e la sua coltivazione è rimasta a lungo limitata a zone limitate in aree di montagna con terreni freddi e calcarei.
Riscoperta e ritorno ad un’epoca d’oro
In Italia la riscoperta del farro ha seguito il movimento degli hippies degli anni ’60 e ’70.
Piccole comunità hanno cominciato ad occupare paesi abbandonati in centro Italia, ricercando un ritorno a una vita più vicina alla natura.
Questo porterà alla riscoperta di un’agricoltura non intensiva e delle antiche varietà coltivate localmente di frutta, verdura e cereali.
Negli anni ’80 invece sarà la cultura dei prodotti da agricoltura biologica ad ampliare e valorizzare il mercato del farro, un trend che prosegue ancora oggi e che garantisce un prezzo più alto che rende conveniente la sua coltivazione di bassa resa.
Ogni spighetta di farro porta infatti una singola cariosside, molto raramente due, e questo ne fa il frumento con il rendimento alimentare peggiore tra quelli coltivati.
Ancora oggi, nonostante la ripresa, rimane la specie meno coltivata per la scarsa resa e gli alti costi di lavorazione.
Qualche anno fa però c’è stato un ritorno ai cereali antichi.
Questo sguardo verso il passato ha fatto scoprire a molti il farro.
Come anticipato il trend avviato con gli anni ’80 è ancora valido e oggi spesso la coltivazione del farro è associata all’ agricoltura biologica e al tentativo di valorizzare zone agricole marginali, non adatte alla coltivazione intensiva di frumento.
Nonostante l’alto costo c’è stato un certo successo in questo lavoro di riscoperta, successo dovuto alle caratteristiche organolettiche e nutrizionali di queste tre specie, in particolare il maggiore contenuto proteico rispetto ad altri frumenti.
La sua ricchezza consiste infatti nella scarsità di grassi e nell’abbondanza delle sostanza amidacee.
La lunga tradizione di Abbateggio
La coltivazione del farro è stata quindi rivalutata negli ultimi anni, in particolar modo da aziende agricole interessate alla produzione biologica, essendo esso una pianta rustica che non necessita di chimica per la sua coltivazione, e anche per le sue ottime proprietà nutrizionali.
Grazie alla favorevole conformazione morfologica del territorio di Abbateggio si produce con grande maestria il farro il cui sapore esalta e custodisce i ricordi dell’ antica tradizione abruzzese, che si riscopre in particolare presso l’Azienda Agricola Sapori di Bea.
E’ proprio grazie all’Azienda guidata da Barbara, che si occupa di ogni fase di lavorazione del farro dall’ trasformazione alla vendita, che viene promossa la riscoperta di questo alimento.
Beatrice si definisce una vera e propria “custode” di una tradizione e con la sua passione non ha creato semplicemente un’azienda, ma una fattoria didattica, grazie alla quale educa, grandi e piccoli, alla riscoperta dei grani antichi.
L’intera attività diventa particolarmente suggestiva se si pensa al fatto che si svolge interamente tra i paesaggi incontaminati del Parco Nazionale della Maiella, dove i boschi continuano a crescere incontaminati e sorge il piccolo borgo di Abbateggio.
La riscoperta di varietà vegetali antiche permette a “Sapori di Bea” di fare a meno di fitofarmaci e di altri prodotti della chimica. Il vantaggio lo si può percepire tutto nella qualità di questi alimenti e nel loro sapore.
Sostenere e portare avanti la traduzione del farro lo si può fare anche grazie al supporto dato ad aziende come quella di Beatrice. Salvaguardare una comunità del cibo che si basa sulla sovranità alimentare e sulla sostenibilità vuol dire riscoprire un sapore lento, il piacere del cibo buono, della stagionalità e della convivialità.