Ti presento: | Vittorio Cascina Cabella
Ti presento: Vittorio | Cascina Cabella
Sul confine fra Lombardia e Piemonte, e a due passi dal Piacentino, dove l’Oltrepò Pavese inizia a trasformarsi nell’Appennino ligure, la terra dà vita, cosa più unica che rara, a tutti i tipi di tartufo: bianco (Tuber magnatum) il più ricercato, bianchetto (Tuber borchii), nero dolce (Tuber melanosporum), nero invernale (Tuber brumale o anche “uncinato”), nero estivo (Tuber aestivum o “Scorzone”).
I tartufai di queste zone ci raccontano, accompagnati dai loro lagotti (cani da tartufo): “La neve è importantissima per la nascita e crescita dei tartufi. Porta le spore direttamente sotto terra. La spora è una specie di “fumo”, che penetra nell’humus e permette al futuro tartufo di attecchire. A febbraio il tubero si attacca alle radici degli alberi (pioppo bianco, nero o tremulo, salice, tiglio, carpino) e se trova l’ambiente giusto (il ph del terreno idoneo) pian piano si sviluppa. Il nero già ad aprile, il bianco da giugno in avanti. Per il tartufo bianco anche i temporali sono fondamentali. Cresce con quelle che noi chiamiamo le calde-fredde: quando c’è il terreno caldo e ci piove sopra. Sapete perché? Nel terreno caldo penetra il freddo e blocca, per così dire, il tartufo nascituro, che così si attacca bene”.
“Il momento migliore per andare a tartufi è la notte, dalle 3.30-4.00 fino alle 10 di mattina; poi il pomeriggio tardi. Gli odori se sentono di più al buio. I cani lavorano meglio, non ci sono gli uccelli che disturbano. La cosa particolare del tartufo è che matura di colpo. Quando è pronto, si carica di gas ed “esplode” improvvisamente, liberandolo. Così i cani lo sentono al momento giusto.”
Vittorio di Cascina Bella e gli altri tartufai di queste zone stanno cercando di incentivare la coltivazione e raccolta del tartufo per permettere alle comunità locali di continuare a vivere qui, prevenendo lo spopolamento dei suoi antichi borghi.